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La fine del berlusconismo nella corruzione

Pubblicato da Sebastiano Posadinu in Note · 7/8/2010 21:33:40

Francia: la fine del berlusconismo nella corruzione
pubblicata da Sebastiano Posadinu il giorno sabato 7 agosto 2010 alle ore 13.52
Le Monde, 3 agosto. Italia: la fine del “berlusconismo” si gioca su uno scenario di corruzione.

Francia: la fine del berlusconismo nella corruzioneAncora una volta, ha attaccato i giudici e la stampa d’opposizione. I primi per aver messo in luce, in molteplici inchieste, una vasta rete di influenze, di corruzione ed affari in cui si trovano, alla rinfusa, magistrati, politici ed imprenditori; la seconda per averne parlato. Poi Silvio Berlusconi, alla ricerca di un contrattacco nel momento in cui il suo potere s’indebolisce, ha lanciato l’operazione “Memoria”, chiedendo ai dirigenti del suo partito, il Popolo Della Libertà (PDL), di ricordare tutto ciò che lui ha realizzato dal suo primo governo, nel 1994. Il presunto passato idilliaco per scongiurare presente e futuro?
Il presente è nauseabondo. Giorno dopo giorno, le inchieste dipingono l’immagine di un paese dove la corruzione avrebbe infettato tutti i poteri. Prima un ministro – Claudio Scajola – che deve dimettersi dopo aver visto il suo appartamento pagato da un imprenditore edile. Poi un altro – Nicola Cosentino – che lo imita per aver cercato di creare una campagna diffamatoria ai danni di un avversario politico. Quindi un dirigente del PDL – Denis Verdini – che s’interessa agli appalti per l’energia eolica in Sardegna.Dopo ancora, è il presidente della corte d’appello di Milano che fa pressione sulla Corte costituzionale affinché questa approvi una legge che mette Berlusconi al riparo dalle inchieste giudiziare che lo riguardano durante il suo mandato.
Tutti questi personaggi si conoscono, si frequentano, si danno appuntamento nei palazzi romani o in discreti ristoranti sulle autostrade per dividersi la torta degli appalti – dalla ricostruzione dell’Aquila ai lavori per il 150mo anniversario dell’unità d’Italia – ed i frutti dei traffici d’influenza. La stampa evoca una loggia P3 come riferimento alla loggia massonica P2 – che riuniva uomini politici, magistrati, poliziotti, e fu legata agli attentati terroristici degli anni ‘80 – come se, in trent’anni, nulla fosse cambiato.
Da aggiungere al quadro, bisogna ancora ricordare la riapertura delle inchieste sugli assassinii dei giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel 1992. Magistrati e poliziotti si dicono ormai sul punto di fornire la prova dell’assenso o della complicità di una parte deviata degli organi dello Stato. Infine è la volta di una retata nei confronti della mafia calabrese – la ‘Ndrangheta – che mostra come questa sia radicata nel sistema sanitario della regione Lombardia.
Corruzione ed infiltrazione mafiosa sono diventate all’ordine del giorno in Italia. Berlusconi, lui stesso inquisito per frode fiscale e corruzione, denuncia una “campagna maligna” o persino “un tentativo di colpo di Stato”. Erano stati utilizzati gli stessi termini quando era alle prese con uno scandalo che toccava la sua vita privata, nell’estate del 2009. Tuttavia, tutte le tracce di queste inchieste conducono al presidente del Consiglio, sia che lo leghino a persone vicine al suo partito o a dei ministri, sia che si riallaccino ad avvenimenti – ed alle relative zone d’ombra – che hanno preceduto il suo arrivo al potere.
Per Berlusconi, il prezzo politico di questa stagione di scandali è pesante. Non ha potuto resistere alla pressione dell’opposizione e di una parte del suo partito, che hanno chiesto le dimissioni di tre membri del governo in meno di due mesi. Il 29 luglio, ha consumato la rottura col suo principale alleato, che ha deciso di restare alla presidenza della Camera dei deputati che il Cavaliere gli ordinava di abbandonare. E non ha potuto portare a termine il suo controverso progetto di limitare l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche molto preziose per le inchieste di corruzione e di Mafia e d’impedirne la pubblicazione negli organi di stampa.
In base a quanto da lui stesso dichiarato, la nuova legge “non cambierà nulla”. La riforma della giustizia, sebbene necessaria, è impantanata nelle commissioni del Parlamento. Infine la sua popolarità è caduta dal 60% all’inizio del suo terzo mandato, nell’aprile del 2008, al 40%. Solo il partito anti-immigrati della Lega Nord gli assicura il proprio appoggio incondizionato, a patto che porti a termine le riforme, come il federalismo fiscale, che ha loro promesso.
In queste condizioni, potrà Berlusconi arrivare al termine del proprio mandato, fissato nel 2013? I politici si pongono la domanda. In questo clima da fine del regno, le riflessioni sul dopo Berlusconi corrono lungo i corridoi del potere. Gli scenari si moltiplicano: “governo tecnico”, composto da grandi tecnici/funzionari per fare le riforme; “grande coalizione”, che leghi la destra, il centro e la sinistra; elezioni anticipate che permetterebbero a Berlusconi di ritrovare l’unzione del suffragio universale togliendo la terra da sotto i piedi dei propri avversari e rivali.
La cosa più probabile è che nessuna di queste ipotesi si realizzi e che Berlusconi tenga alla bell’e meglio fino al 2013. Né gli oppositori del suo partito, che traggono la propria forza dalla sua debolezza, né l’opposizione, sempre alla ricerca di un leader capace di riunirla, sembrano in grado di prendere il potere.
Da ora, l’agonia del berlusconismo potrebbe essere anche quella dell’intero Paese, sballottato quotidianamente tra l’annuncio di un nuovo scandalo o di una nuova scappatella, diviso tra la vergogna ed il fatalismo. “L’Italia possiede gli anticorpi per resistere alla corruzione”, ha dichiarato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Anticorpi? E forse una certa abitudine.
[Articolo originale "Italie : la fin du "berlusconisme" se joue sur fond de corruption" di Philippe Ridet]
Sebastiano Posadinu


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