Gemellae N. 38

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  Intervista a Riccardo Valla
Intervista a Riccardo Valla

di Anna Sanna

Questa volta GEMELLAE ha intervistato uno dei più importanti traduttori letterari italiani, nonchè critico letterario ed esperto di fantascienza, Riccardo Valla.

Lei ha tradotto uno dei libri più discussi e contestati degli ultimi anni, Il codice da Vinci. Nelle vesti di traduttore, può dirci se effettivamente è un libro che vale la pena leggere oppure soltanto una nuova operazione volta a far soldi?

Tutt'e due. L'argomento è abbastanza importante, riguarda le origini della Chiesa e il fatto che Costantino - colui che trasformò il Cristianesimo nella religione di stato dell'Impero Romano - non fosse cristiano, ma seguace del dio Mitra. Il libro è pieno di questo genere di notizie, poco note a chi non si occupi di storia della religione. Però, gran parte di quelle notizie erano già contenute in un libro di vent'anni fa, Il Santo Gral, e l'autore le ha prese senza metterle in discussione. Vi ha aggiunto qualche aggiornamento emerso negli scorsi anni, ma non affronta quello che è il limite del Santo Gral, ossia il fatto che la sua ricostruzione delle origini del Cristianesimo e i suoi legami con alcune famiglie nobiliari del Sud della Francia può essere abbastanza credibile fino al dodicesimo o tredicesimo secolo, ma non ci sono prove che la colleghino con l'ipotetica società segreta del "Priorato di Sion", la cui esistenza è documentata solo per l'ultimo secolo.

Sappiamo che è un esperto di letteratura anglo-americana. Ultimamente dall'America arrivano, per la maggior parte, libri che appaiono come la fotocopia di quello precedente. è veramente una consuetudine così diffusa scrivere romanzi utilizzando uno schema predefinito, o possiamo sperare che sia qualcosa di circoscritto?

Il fenomeno è sempre esistito per la letteratura cosiddetta "di consumo": polizieschi, thriller storici, romanzi d'azione. La formula di successo viene imitata. Circola anche un termine, "narrativa seriale", che deriva dai serial televisivi. L'editoria poi, "non pubblica più libri, ma solo best-seller" per usare una frase della scrittrice Ursula Le Guin. Si presentasse uno scrittore come Arpino, Svevo o magari Pirandello, probabilmente non lo pubblicherebbero... Come uscire da questa "serializzazione"? Un primo modo è prestare maggiore attenzione ai personaggi, studiando nuove forme di personaggi realistici, "veri". Per esempio, come nel romanzo La donna del tenente francese. Oppure prendere il modulo del thriller ma usarlo per svolgere discorsi più vasti, come già facevano negli scorsi anni gli scrittori sudamericani della scuola di Borges. Per esempio Marques e la sua fusione tra realtà e immaginazione: Dona Flor e i suoi due mariti. Su questa via, per esempio. è stato una rivelazione, poco tempo fa, Neil Gaiman, con American Gods, un romanzo pieno di idee nuove e di visioni nuove.

Per quanto riguarda l'Italia, in che direzione puntano le nuove generazioni di scrittori? Esiste ancora la "guerra" fra chi scrive "romanzi impegnati" e chi si occupa di "un tipo di letteratura leggera"?

Dal romanzo, l'impegno sembra passato al libro di saggistica: escono molti libri di analisi e di documentazione scritti in uno stile quasi da romanzo: un saggio che si legge come un thriller. Nello stesso tempo c'è una certa tradizione, presa dagli esempi americani, per cui chi scrive un romanzo si sente tenuto a mettervi qualche digressione saggistica. L'esempio più noto è Moby Dick, che da una parte è la storia di una nave e del suo equipaggio, dall'altra un manuale sulle balene. Il romanziere italiano però rimane su una via intimistica: raccontare le proprie emozioni e i propri turbamenti. Personalmente non amo molto questa letteratura perché, a parte alcuni, in genere mi sembrano psicologie scritte a freddo, create a tavolino per illustrare una propria convinzione.

Tra le altre cose, è anche un esperto di fantascienza. Quale svolta ha preso in Italia questo genere e quali sono le differenze con i grandi racconti del passato?

Io resto sempre legato a un certo tipo di fantascienza "umanistica", che dietro la deformazione dell'alieno o del mostro ci mostra comportamenti e problemi nostri. É la fantascienza degli anni '50 e '60, che ironizzava sul consumismo e la televisione, le ditte troppo grandi e gli stati troppo esosi, lo spirito militaresco e quello poliziesco. Prima del '68 la fantascienza dava già diffusione a quelle idee. Oggi sembra che queste storie siano state scritte tutte, e più che fantascienza si legge Fantasy o quel misto tra i due che sono i Dune, i romanzi di Asimov e le Guerre Stellari. O Dick con il suo relativismo sistematico. L'ultima tendenza che ha destato l'interesse della critica è stata quella di Bladerunner, il cyberpunk: ritratti di un futuro con un grande sviluppo delle tecniche di comunicazione in un ambiente cittadino impoverito. E' curioso come nella fantascienza scritta, dopo il cyberpunk l'ultimo fenomeno collettivo sia il romanzo di guerra futura, un po' Terminator e un po' Guerre Stellari.

Essendo lei uno dei maggiori traduttori italiani, vorremmo chiederle quali sono le difficoltà che s'incontrano in questo lavoro; riesce sempre a capire cosa effettivamente vuole comunicare l'autore?

Il traduttore, volente o nolente, finisce sempre per sovrapporre la propria personalità a quella dell'autore. In genere non comporta grande diversità, ma alcuni autori che leggono l'italiano a volte si divertono a vedere questo tipo di giochi con il loro scritto. Però, nell'epoca di Internet, si fa abbastanza in fretta a chiedere all'autore la sua opinione. Per esempio, nell'autobiografia, Terry Brooks diceva che il suo maestro Del Rey era... e qui una parola che può significare "intrattabile" oppure "avaro di suggerimenti". L'autore mi ha risposto di averlo usato nel primo significato e allora ho messo che "era considerato un po' scorbutico".

Qual'è lo scrittore che preferisce tradurre rispetto agli altri e perchè?

Mi piace tradurre Ursula Le Guin perché è molto precisa: se scrive due parole che fanno assonanza, è perché voleva un'assonanza. Ultimamente però ho tradotto vari libri del più significativo scrittore di "fantascienza scientifica" odierno, l'australiano Greg Egan. Storie sul futuro delle comunicazioni, delle biotecnologie, dell'astrofisica e della fisica atomica: un autore aggiornatissimo che scrive una fantascienza estremamente attuale. I suoi romanzi ci danno di nuovo quella vastità di panorami che un tempo ci davano i vari Asimov, Clarke o Simak.
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