Le caricature grottesche di Sherwood Anderson
di Carlo Manca
Una notte di novembre del 1912 Sherwood Anderson, allora direttore di una fabbrica di vernici a Clyde, dopo aver dettato una lettera alla sua segretaria, lascia l'ufficio e vaga per due giorni nei campi. Giunge fino a Cleveland senza rendersene conto, quando viene ritrovato è in stato confusionale, ma con un'idea ben chiara: dedicare la vita alla scrittura. Si lascia alle spalle tutto, lavoro, famiglia, benessere, parte per Chicago e inizia la sua avventura di grande innovatore della letteratura americana. Diventa un modello per altri scrittori, in un primo tempo è osannato dai vari Hemingway, Faulkner, Fitzgerald, poi, ripudiato con ingratitudine, deriso e dimenticato, secondo un copione comune a molti grandi narratori, conclude la sua apparizione nel mondo delle caricature senza essere riuscito a imboccare la strada dalla doppia meta, una via accessibile ai pochi eletti che riescono a riunire qualità artistiche e successo economico. Come molti scrittori americani della sua generazione, si parla degli anni tra le due guerre mondiali, Anderson dà voce al declino della vecchia società rurale. Il contrasto tra il mondo agricolo e la nuova società industrializzata, la fuga dalla campagna per raggiungere la grande metropoli, luogo della possibilità e del sogno, l'incessante ricerca di un senso destinata a rimanere sempre insoddisfatta, la solitudine dell'individuo e l'inquietudine come modo d'essere degli americani, sono i temi sviluppati nel corso delle sue opere, dal primo romanzo Il figlio di Windy McPherson (1916), all'ultimo racconto autobiografico Le voci del torrente (1940), passando per Povero bianco (1920) e Riso nero (1925), l'opera con cui raggiunge una certa stabilità economica. Senza ombra di dubbio, però, il lavoro più importante di Anderson è Winesburg, Ohio (tradotto in italiano "Racconti dell'Ohio"), una raccolta di ventisei racconti ognuno dei quali narra la storia grottesca di un abitante della cittadina di Winesburg. George Willard, il solo giornalista della piccola città, è il personaggio chiave, il collante delle varie vicende raccontate, una sorta di confessore al quale gli altri personaggi si rivolgono per confidare il disagio per la soffocante vita di provincia e l'ossessivo bisogno di aggrapparsi a una verità. Ogni capitolo è il ritratto di un abitante tormentato da una verità che non vuole rimanere ferma, un tassello di un multiforme mosaico di esistenze colte nella loro assurdità. Quando una rigida continuità prende il posto della capacità di adattamento si cade nel ridicolo, preda delle risate di chi osserva, sostiene il filosofo Henri Bergson e Anderson gli fa eco attraverso il protagonista del racconto introduttivo: Quando qualcuno si impadronisce di una verità, e dice che quella è la sua verità e si sforza di vivere secondo essa, allora costui si trasforma in una caricatura, e la verità che egli abbraccia, in una menzogna. Sherwood Anderson si dimostra sadico, fa indossare a Winesburg la maschera socratica dell'ironia per immortalare gli abitanti nello status di caricature, si prende gioco di loro e li punisce per aver abbracciato una verità e averla perseguita fino in fondo con cieca ostinazione. La cittadina accoglie in sé le verità delle inermi vittime e si diverte a ingrandirle, sezionarle e ritorcerle contro i suoi possessori. Lo schema è preciso, tutti i racconti sono popolati da esseri grotteschi, condannati dal desiderio di certezze alla disillusione traumatica e alla follia, fino a quando un lampo negli occhi testimonia la consapevolezza della propria condizione, le verità si dissolvono e il desiderio torna a essere parte della loro solitudine e della loro attesa. Meno conosciuto, ma sicuramente degno di particolare considerazione è il già citato racconto autobiografico Le voci del torrente, magistrale resoconto del conflitto interiore con il quale prima o poi ogni artista si trova a dover fare i conti. Nel racconto Anderson analizza lo spinoso rapporto tra qualità letteraria e denaro, e lo fa alla sua maniera, miscelando spietata schiettezza e momenti di poesia. Si rivolge ai giovani scrittori americani per metterli in guardia contro i pericoli del mito del successo, per far sapere che anche lui, nonostante sia considerato un maestro e i suoi libri siano tradotti in varie lingue, fatica a trovare riviste disposte a pubblicare i suoi racconti. Gli editori hanno bisogno di storie che piacciano alla gente, non di vicende che costringano il lettore a porsi domande scomode o che tocchino certi piccoli anfratti segreti nascosti dentro di noi. È necessario interrogarsi sul ruolo di chi ambisce a creare letteratura: è possibile evitare di essere sgradevoli, di ricordare quel che c'è di meschino nella vita? È possibile evitare di raccontare storie tristi e mantenere sempre un tono allegro? È possibile legare e imbavagliare gli abitanti del mondo immaginario sotto la minaccia di un conto in banca ridotto all'osso? Certo che si può, a patto di non considerarsi artisti ma venditori di raffigurazioni umane, prostitute annuenti al servizio di suscettibili menzogne. Questa è la conclusione a cui giunge Anderson alla fine del suo j'accuse americano, j'accuse che gli si ripresenterà come un monito quando anche lui, spinto dalla paura di diventare povero, cadrà nella tentazione del compromesso e del guadagno facile, e solo una notte di delirio, simile a quella che lo condusse a Cleveland trent'anni prima, lo trascinerà verso una decisione drastica ma liberatoria. Si può azzardare che in Le voci del torrente Anderson sperimenti su se stesso il medesimo trattamento riservato agli abitanti di Winesburg nel suo capolavoro. Da burattinaio a burattino del suo mondo immaginario, si confessa senza ipocrisia, mette a nudo le paure degli scrittori attraverso la sua autorevole testimonianza e dà in pasto le sue inquietudini alle giovani leve perché si rendano conto di essere esposte al contagio di una malattia inesorabile. Questa volta gli abitanti della sua fantasia si mettono da parte e sembrano voler sottolineare: "ci hai sfruttato, ci hai ridicolizzato, hai riso alle nostre spalle e hai minato le sicurezze di milioni di persone. Ma guardati ora! Scalzo, con i piedi sanguinanti, corri indifeso nei pressi della grande casa che noi ti abbiamo permesso di costruire, mentre le voci di un torrente ti giudicano, e ridono impietose".
|