Ogni carnevale, ha il suo mistero. Anche
quello di Tempio. Mistero che si annida sotto la
maschera, ad invertire per qualche giorno la logica della vita.
Mistero di antiche tradizioni riesumate per
venderne la sacralità pagana ad uso e consumo dei tempiesi ma anche, e
soprattutto, del turista, dello studioso, del nostalgico. Mistero di inquietudine giovanile sedata con la
spensieratezza.
Niente di tutto questo, a Tempio, durante l’ultima
“sei giorni” di vento, freddo e di mancate frittelle calde, di
continuo chiasso e pioggia, silenziosa, di coriandoli .
Un carnevale senza mistero, soprattutto per quanto riguarda la ricerca
gioiosa del divertimento, dell’allegria, dello scherzo divertente,
della fuga dai problemi.
Ricordo gli anni della mia
giovinezza la cui memoria si mischia e si lega intensamente a tanti episodi
ed a tante storie del carnevale. E ciò vale, ne sono certo,
per tutti i tempiesi, giovani e meno giovani. Ecco queste storie e questi ricordi, che sono di tutti e costituiscono una
memoria collettiva, non possono essere sacrificati sul piano di un
malinteso rinnovamento che distrugge la memoria e la storia di una Città
per ignoranza o peggio per protagonismo.
E il carnevale aveva le sue
regole. Nessuno sapeva chi c’era sotto il domino, a parte quelli che
dovevano saperlo e, per una regola antica quanto il Carnevale stesso, non
potevano rivelarlo a nessuno.
Ma ciò non vuol dire che chi sceglie di seguire l’esempio di
Giorgio, il re del carnevale, non lo possa fare, obbedendo al proprio
istinto e infrangendo ogni regola.
Solo che questo
non piacerebbe a nessuno: è per questo che, trasgressivo quanto si voglia,
il carnevale di Tempio non si pone mai contro le norme del vivere civile e
del rispetto che a tutti è dovuto.
Per queste ragioni appaiono
ancor più incomprensibili gli interventi censori che, da qualche anno,
l’Amministrazione Comunale opera sul testamento di Giorgio. E’
la testimonianza più evidente della lontananza tra governanti e governati,la paura del giudizio della gente. Quando si pensa e si
opera per sottrarre, a beneficio di pochi, ciò che appartiene alla Città, non solo
si sbaglia ma ci si espone a forme di contestazione nuove e prima sconosciute.
Nato a metà
dell’ottocento, il carnevale tempiese viene dalla cosiddetta “civiltà
dello stazzo”, una specie di cultura rustica che fu presa in
considerazione solo quando iniziò ad integrarsi con la vita cittadina di
Tempio. Questa integrazione fu lenta e travagliata per l’opposizione
dei campagnoli alla demagogia dei signorotti tempiesi. Opposizione che veniva punita simbolicamente dai “signori”
alla fine del carnevale bruciando Ghiolgliu , il re fantoccio simbolo del
potere fraudolento e dissoluto.
A quel tempo Ghiolgliu di
Carrasciali era scapolo e magro quanto può esserlo
un arboscello di pino vestito di sacco.
Finiva al rogo in Piazza
Gallura dopo una breve sfilata composta da due
gruppi di persone. Il primo, a cavallo, seguiva il carro a buoi che portava Giorgio: le donne vestite di un bianco lenzuolo
con il pizzo fermato sui capelli a mò di cresta, da spilloni
d’argento, gli uomini in calzoni rigonfi e gabbano d’orbace,
sempre a viso scoperto. Precedevano il primo gruppo
uomini e donne a piedi, vestiti da cavalieri e dame: visi impenetrabili e
braccia ben tese, offrivano caramelle e dolci fatti in casa.
Nel secondo gruppo, coppie con
il vestito delle feste di campagna , porgevano con
sussiego candidi orinali di smalto con moscato e miciuratu.
Il percorso era breve e
interessava solo le vie del centro. Si sfilava per quattro giorni: giovedì
grasso, la domenica successiva, lunedì e martedì. La sera del martedì le
ombre del crepuscolo prendevano fuoco in piazza assieme al povero re senza
trono e tutto finiva, come oggi, nelle sale da ballo. Anche
allora i focosi tempiesi aspettavano con ansia quel momento. Erano, si dice, notti di fuoco.
Con l’andare degli anni Giorgio si irrobustì, ingrassò, divenne obeso. Ma più la dimensione del suo corpo si estendeva, più
diventavano indispensabili contatti femminili sempre più vasti. Fù cosi che
negli anni sessanta re Giorgio sposò Mannena.
E proprio negli anni sessanta, con
il mitico Garaoni, il Carnevale di Tempio superò i limiti di festa di paese
per assurgere a fama provinciale
prima e regionale poi.
Ed il programma di carnevale si arricchì di nuove e
diverse manifestazioni che ne esaltavano sempre di
più la sua specificità e la sua unicità nell’ambito dei carnevali
sardi.
Ricordiamo il concorso bandistico per l’allegria,
la vivacità ed il colore che riusciva a dare la domenica mattina ed alle
sfilate successive. Abbiamo visto quest’anno un’unica banda
musicale, quella di Elmas, un po’
scalcagnata, che ha suscitato in
tanti sentimenti di simpatia,
doverosa verso i deboli, ma anche rammarico per ciò che ci veniva
sottratto.
Ricordiamo ancora la manifestazione eno-gastromica con
la partecipazione di grandi cuochi ed il risalto anche nella stampa
nazionale, ricordiamo il Premio letterario Città di Tempio, ed ancora il
premio di fotografia istituito in memoria di Miguel. Ma
soprattutto voglio ricordare i rapporti intensi e proficui con le scuole. Occasione per legare i giovani e le giovani, non solo tempiesi,
al carnevale come parte non secondaria della nostra storia e delle nostre
tradizioni.
Quest’anno nulla di tutto ciò. Si è parlato di
grande evento, ma il grande evento è spesso
l’anticamera del disastro.
Ma il carnevale di Tempio era ed è
famoso anche per i gruppi ospiti. Chi non ricorda ancora, dopo tanti anni,
le majorettes di Gussago, gli arcieri di San Marino, gli sbandieratori di Arezzo e le diecine e diecine di gruppi che anno dopo
anno hanno fatto unico e grande il nostro carnevale e che sono rimasti nella
memoria e nel cuore dei tempiesi?.
Quest’anno è stato il Carnevale delle maschere
etniche della Sardegna. Una sfilata uguale a quella di decine di altri carnevali. Ai gruppi partecipanti credo debba
andare tutto l’apprezzamento e la simpatia di questo Consiglio
Comunale. Ma alcuni degli stessi partecipanti,
forse i più attenti ed avveduti, hanno riconosciuto di essere capitati nel
luogo e nel momento sbagliato. Mancavano peraltro quei gruppi, come i
mamuthones e gli issohadores, che più di altri sono
capaci di attirare l’attenzione e di coinvolgere gli spettatori nella
manifestazione.
Intanto la fama del nostro carnevale aveva attirato
l’attenzione della stampa, anche nazionale, e delle televisioni. Fino a meritare di essere trasmesso in diretta, sempre a titolo
gratuito, per ben due giorni: la domenica ed il martedì.Oltre alle
differite in diversi periodi dell’anno. Per ragioni misteriose si dice che quest’anno la trasmissione televisiva sia
avvenuta a pagamento, anzi pagata lautamente. La nostra festa è stata trasmessa in
differita la domenica, in concomitanza con 90° minuto e gli ascolti che è facile immaginare. Il
martedì è stata ancora una volta trasmessa in differita la sfilata della
domenica. La carta stampata ci ha semplicemente ignorato. Anzi se ne è occupata per evidenziare polemiche e malumori.
Eppure quest’anno vi erano, rese
disponibili dalla Regione e dal Comune, risorge ingentissime, quali mai si
erano viste e tali consentire la realizzazione di un carnevale unico e
indimenticabile.
Il risultato, i giudizi, il malessere, le contestazioni
sono sotto gli occhi di tutti.
E se le trasmissioni televisive degli anni passati venivano commentati da esperti, che ne spiegavano la
storia e valorizzavano il contenuto
ed il significato del carnevale quest’anno gli esperti sono stati
sostituiti da amministratori in un
inutile tentativo di giustificare scelte impopolari e sbagliate. Con il
risultato di far aumentare il malcontento.
Abbiamo già chiesto all’Amministrazione un
resoconto puntuale di tutte le spese. E siamo
certi che ciò sarà fatto tempestivamente, anzi già oggi, e confidiamo, anzi
ne siamo certi, che ogni spesa sia stata fatta con l’attenzione e
l’oculatezza del buon padre di famiglia. Per questo non diamo credito
ad alcune anticipazioni che sono apparse sulla stampa e che non hanno,
evidentemente, alcun rapporto con la realtà.
Ma veniamo alle manifestazioni collaterali.
La mostra dell’artigianato e dei prodotti tipici si è aperta
all’insegna delle polemiche perché gli amministratori si sono
dimenticati di partecipare alla cerimonia di inaugurazione.
“Lu palu di la
frijiola” e la sfilata dei cavalieri costata, si dice, 25.000 euro, è
stato seguito da pochi appassinati, la maratonina di carnevale è costata
5.000 euro, la manifestazione Tempio Etnica, è costata 16.000 euro, il servizio di navetta da Bassacutena è
rimasto pressoché inutilizzato. I cittadini di Bassacutena avevano
organizzato il loro carnevale e avrebbero meritato maggiore
attenzione ed anche un sostegno economico.
Per il quadrangolare della solidarietà, partite di
calcio a scopo benefico, sono stati stanziati 6.350 euro di cui 2820 a favore della event group. Vi ha
partecipato una diecina di spettatori.
Non sappiamo nulla della pubblicizzata partecipazione
alla trasmissione Uno mattina del 2 marzo. Si è
fatta oppure no?.
Non è stato un bel carnevale, forse il meno bello degli ultimi trent’anni.
E’ stata, ancora una volta, per Tempio, una occasione
persa.
Si è voluto, per ragioni sconosciute e misteriose, e che
pure dovrebbero essere chiarite in questo Consiglio Comunale,escludere i carrascialai, disperdendo un patrimonio non
solo di esperienze e conoscenze che costituiscono la vera forza e
ricchezza del carnevale, ma anche trascurare un patrimonio di passioni e di amore per la Città.
Anche la Pro-Loco, inspiegabilmente,
è stata rinchiusa in un ambito limitato e modesto. Semplici esecutori di ordini. Un patrimonio di esperienze,
di sensibilità e di conoscenze messo da parte.
Ci si è voluti affidare ad una società esterna il cui lavoro non
vogliamo commentare. hé Intanto perché nessuno
riesce a capire che cosa abbiano fatto, e poi si tratterebbe, come si dice,
di sparare sulla croce rossa. Troppo facile.
A questa società dovranno essere corrisposti compensi in misura
forse superiore a quanto, fino a qualche anno fa, si spendeva per
organizzare l’intero carnevale.
Noi chiediamo una pausa di riflessione, un ripensamento,
che parta dall’azzeramento delle improvvide
decisioni che si dice siano state prese affidando a forestieri, ancora per
altri due anni, l’organizzazione del nostro carnevale. Sbagliare è possibile ma vi chiediamo di non perseverare
nell’errore. Dobbiamo spendere
in modo più adeguato le tasse pagate dai tempiesi.
Chiediamo che venga
ricostituita l’associazione dei carrascialai e, anzi, che si faccia
una fondazione che organizzi e gestisca il carnevale. In questa Città vi
sono le persone, le intelligenze e le esperienze idonee senza ricorrere ad
estranei tanto impreparati quanto costosi.
Vogliamo che il nostro carnevale ritorni ad essere
quella festa pervasa di allegria e frenesia facile
da cogliere anche da chi viene da fuori ed è lontano da questa nostra saga
del piacere. In questa allegria e frenesia affonda
ogni preoccupazione per la penuria dei tempi, per l’incerto domani:
più che un placebo, una vera medicina, un vaccino contro il morbo
dell’infelicità.
Vogliamo che ritornino i carrascialai, come ha diritto
di chiamarsi qualsiasi organizzatore del Carnevale, vogliamo che ritornino
a sparare sulla folla quintali di coriandoli e caramelle, decantando
l’originalità dei loro carri e la rassomiglianza delle figure
allegoriche ai politici in carne ed ossa presi di
mira. I carrascialai sanno benissimo che ogni politico, al quale se ne
possono dire di tutti i colori, non se l’avrà a
male: anzi sarà felice di essere celebrato anche se in modo un
po’ particolare. Questo è il carnevale di Tempio: allegro,
intelligente e civile che non ha bisogno di controlli e di censure.
Alla sera di ognuno dei giorni di
festa si possono fare strani bilanci: sarà successo di tutto, tranne fatti
di sangue, come si conviene ad una delle più importanti feste della città,
offerta ai tempiesi ed ai forestieri all’insegna dell’amicizia
e dell’allegria.
Ma il martedì e lì, con il suo
botto conclusivo sempre più vicino.
Prima si trattava di un semplice rogo in piazza,
proporzionato alle malefatte del rustico monarca, ora che le sue iniquità
si sono moltiplicate a dismisura è una esplosione
di fuoco come l’eruzione di un vulcano.
Solo quando le ultime fiamme raggiungono il volto
beffardo del re condannato, il suo sorriso altezzoso si spegne di colpo
diventando cenere.
La folla si dirada. Ogni vecchia colpa è finita lì in
quella cenere calda dalla quale, immortale araba fenice, il carnevale, il
nostro carnevale, il carnevale di Tempio rinascerà
un’altra volta e un’altra ancora. E
così per sempre perché senza colpe non ci può essere festa.
Questo il carnevale di Tempio. Almeno fino all’anno scorso.
Quest’anno non riusciamo a capire che cosa sia successo. Vi erano
condizioni favorevoli come mai prima per un carnevale bello e importante. Ci è stata invece sottratta l’allegria. La Città
si è sentita lontana dai suoi rappresentanti. Quelli che
dovevano essere giorni di festa e di spensieratezza si sono
trasformati in giorni di mugugni, malumori e contestazione.
Questa Amministrazione che aveva ricevuto la
legittimazione a governare pur rappresentando solamente la minoranza della
Città avendo avuto circa
il 46% dei voti contro il 54% delle minoranze oggi non
rappresenta più la Città: Si è consumato uno strappo insanabile.
Voglio dire a questo Consiglio Comunale che io sono
naturalmente portato a comprendere
le ragioni degli altri, ed in particolare a comprendere le ragioni di chi è
chiamato a governare una Città, e so che talvolta è facile condannare anche
senza avere accertato tutto quello che c’è da accertare.
Ma questo è il tempo in cui non è più possibile privilegiare le ragioni del potere.
Vogliamo dire a questa Amministrazione
ed a questa maggioranza: se vi voltate indietro vi accorgerete che avete
perso molti seguaci, chi vi ha
votato non condivide più il vostro operato; se guardate davanti a voi
potrete vedere che non avete più interlocutori credibili ma una città scossa, delusa e amareggiata.
Traetene le conclusioni.

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