Corde buone dal mondo.
Ravi: il menestrello del duemila.
Di Gian Battista Faedda
Una kora fa la sua comparsa sul palcoscenico, con le fattezze e le forme di un cordofono che racconta di Africa, di Senegal, di un popolo, quello dei Griot che ne ha fatto voce e bandiera della propria cultura musicale. Dietro lo strumento, diversamente da come ci si potrebbe attendere, in questa occasione non compare un Griot ma un giovane uomo occidentale, inglese per l'esattezza, barba incolta e aspetto da trovatore del terzo millennio, le cui dita iniziano a pizzicare le numerose corde dell'arpa-liuto che promana armonie cosmiche, libere, senza riferimenti o vincoli, senza prigioni pentagrammatiche come se la musica fosse l'essenza stessa della libertà. Ravi (nome d'arte di John Paul Justin Freeman), vive così la sua arte, libero da canoni precostituiti, e come un menestrello, un Orfeo dell'era moderna che gira il mondo per incantare, sedurre, dilettare il suo uditorio mai pago. La Gallura lo conosce da almeno tre lustri, e il 30 luglio scorso lo ha ospitato ancora per risuonare alla sollecitazione delle sue note. "Buonasera, escusa… ie no parla italiano" ha esordito nel salutare il pubblico della chiesetta campestre di Santa Giusta, in comune di Loiri Porto San Paolo, in occasione dell'evento Musas organizzato dall'etichetta Emmas che ha ospitato, fra gli altri artisti, anche le launeddas di Franco Melis e la voce di Elena Ledda. Ravi non perde tempo, non si sofferma troppo a dialogare con il pubblico gallurese: preferisce sia il vibrare delle 21 corde da lui pizzicate a raccontare di se, del suo primo viaggio in Senegal e del suo amore per la kora, che ancora una volta, dopo Lamine Kontè e i principali maestri africani, in sua compagnia ha fatto il giro del mondo incontrando e sposando nuove culture e nuovi linguaggi musicali, dalla Sardegna (ha suonato con i Cordas et Cannas, Gesuino Deiana, Marino De Rosas…) all'India, al Brasile. E proprio di queste terre raccontano anche le sue due ultime fatiche discografiche, realizzate tra il 2001 e il 2003, presentate in occasione della performance gallurese. Come tipico della sua arte, Ravi ama da sempre il connubio fra linguaggi musicali distanti geograficamente e culturalmente, lui, che da inglese si è presto immerso negli oceani sonori africani e tramite la kora ha accostato gli stessi al canto catartico Ohm, tipico dei monaci tibetani, e alla musica latino americana (Ravi e anche un ottimo suonatore di Berimbao), come ha fatto in questo frangente discografico, curato dalla ARC Music Productions, dove le corde africane si calano per il suo tramite nei ritmi del samba, in un matrimonio inconsueto di suoni che parla una lingua nuova, mondiale. Il CD Afro-Brazilian project è il frutto di questo incontro, al quale hanno contribuito, in atmosfere sognanti e di profondo pathos, musicisti del calibro di Paulo Moura, Marlui Mirando, Roberto Marques e Robertinho Silva alla batteria e percussioni, insieme alla cantante Deva Sameera, all'armonicista Guta Menezes e al chitarrista Eric Roche. Precedente a questo seducente lavoro è il CD The Afro-Indian project, sempre in catalogo ARC Music, risalente al 2001 e concretizzatosi grazie al prezioso apporto di Tarun Battacharya, suonatore di santoor e Bikram Ghosh, suonatore di tabla alla corte di Ravi Shankar, fra i più rappresentativi strumentisti della musica classica indiana, cui hanno fatto seguito in studio Hossam Ramzy e Danny Thompson. Dopo una tale dimostrazione di versatilità, ulteriormente testimoniata dall'uso di una kora elettrica, progettata insieme a Tim Martyn, non resterà che attendere, da Ravi e la sua kora ormai con passaporto mondiale nel pianeta della musica, viaggi e permanenze in nuovi remoti paesi e culture, alla ricerca di rinnovate e seducenti sorprese sonore. Per chi volesse approfondire la conoscenza di Ravi e la sua arte, nell'attesa di una sua magica esibizione dal vivo, non esiti a visitare il sito www.ravi-art.co.uk.
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